Colazione a Nigger Island

Colazione a Nigger Island

Oltre alla bellezza del paesaggio, l’altro motivo per cui, se avessi potuto, mi sarei trasferita subito nella vecchia Inghilterra (vi ricordate il mio primo post?) ha a che vedere con il cibo: più precisamente con la colazione e con l’ora del tè.

Oggi, anche mio figlio che ha 5 anni sa benissimo che esistono almeno cinque tipi di colazioni diverse, oltre quella che facciamo in Italia, perché, da buongustaio qual è, le ha realmente provate tutte in una di quelle meravigliose navi da crociera in cui il cibo proposto è tanto, vario e buono (e nelle quali entri taglia 44 ed esci taglia 48/50 dopo una settimana).

Io, invece, ai tempi in cui lessi il mio primo romanzo di Agatha, ignoravo beatamente che ci fosse gente che mangiava uova e pancetta di primo mattino. Non solo. Non immaginavo che per qualcuno la colazione potesse essere una faccenda talmente importante da non poter essere “saltata” neppure dopo due morti sospette, avvenute a distanza di poche ore l’una dall’altra, nella casa in cui si è ospiti… A Nigger Island, infatti, si inizia a morire subito dopo la squisita cena di benvenuto preparata dalla signora Rogers, moglie del maggiordomo.

La prima vittima è Anthony James Marston, rampollo di una ricca famiglia inglese, con un’irrefrenabile passione per le automobili e l’alta velocità, accusato dalla voce registrata di aver travolto e ucciso con la propria auto due fratellini, John e Lucy Combes. Il giovanotto, belloccio e superficiale, muore mentre sorseggia il bicchiere di whisky di fine cena. Edward Armstrong, altro ospite di Nigger Island, nonché medico di professione, dopo una veloce analisi del cadavere, giunge alla conclusione che Marston si è suicidato con del cianuro.

All’alba, cioè poche ore dopo, il dottor Armstrong è nuovamente alle prese con un cadavere. Ma gli altri ospiti non devono ancora sapere. Almeno non prima di aver fatto colazione. Il rischio è che le uova diventino fredde…

Si riunirono per la colazione. Li aspettavano un gran piatto di uova con bacon, tè e caffè. Rogers tenne aperta la porta per farli passare, poi la richiuse dall’esterno. «Quell’uomo ha una gran brutta cera, stamattina» osservò Emily Brent. Il dottor Armstrong, in piedi accanto alla finestra, si schiarì la voce. «Dovete scusare qualunque manchevolezza nel servizio. Rogers ha fatto del suo meglio, preparando la colazione da solo. La signora Rogers è…non ha potuto far niente questa mattina.» Emily Brent domandò, brusca: «Che cosa le è successo?». «Adesso facciamo colazione» disse Armstrong, con finta noncuranza. «Altrimenti, le uova si raffreddano. Dopo ci saranno parecchie cose delle quali vorrei discutere con voi.» Il compromesso fu accettato. Si riempirono i piatti, si versarono il tè e il caffè. Tutti si misero a mangiare. Ogni discussione sull’isola fu evitata di comune accordo.

Un piccolo inciso.

Rogers, il maggiordomo di Nigger Island, ha “una gran brutta cera” perché il secondo decesso riguarda proprio sua moglie, la cuoca. All’alba aveva scoperto che era morta nel sonno e si era precipitato a chiamare il dottor Armstrong che non aveva potuto far altro che constatarne la morte. Ma la colazione non poteva essere saltata, neppure con la cuoca morta, e quindi, al maggiordomo, appena diventato vedovo, toccava anche l’onere di preparare uova e pancetta per tutti…

Poche pagine più avanti, quando a Nigger Island era ormai chiaro che l’assassino era uno degli ospiti, e gli ospiti stessi da dieci erano ormai sei, la colazione del mattino a me ingenua lettrice di dieci anni appariva un rito ancora più surreale…

Fu uno strano pasto. Tutti erano molto cortesi, premurosi con gli altri. «Posso versarle ancora del caffè, signorina Brent?» «Signorina Claythorne, una fetta di prosciutto?» «Un’altra fetta di pane?»

Sei persone, in apparenza nel pieno dominio di sé e normali. Ma… internamente? I più diversi pensieri correvano in tondo come scoiattoli in gabbia…

«Chi prende l’ultimo uovo?» «Marmellata?» «Grazie;un’altra fetta di pane?»

Sei persone, che si comportavano in modo perfettamente normale. 

Comunque, la mia perplessità non riguardava solo il fatto che, mentre fra gli ospiti di Nigger Island si aggirava un assassino che li stava uccidendo uno alla volta, si continuava a consumare, imperturbabili, la colazione del mattino, ma si estendeva anche alla varietà delle ricette proposte per quel pasto.

Per me e la mia famiglia la colazione del 1982 era un piccolo pasto dolce e veloce: si prendeva la merendina dalla confezione (poteva trattarsi di un Buondì o di una Girella o di una Kinder Brioss), la si scartava dall’involucro e la si inzuppava nel latte profumato al caffè. Fine. Diciamo che a quei tempi, a casa mia, la pensavamo tutti come Hercule Poirot che, a dispetto di chi l’aveva creato e reso famoso, si è sempre mostrato alquanto disgustato alla sola idea di iniziare la giornata con uova al bacon, pomodori e funghi gratinati. Per il detective belga la colazione era quella che si faceva nel continente, cioè caffè e brioche. Esattamente come la mia di tanti anni fa, anche se le brioche erano già da tempo diventate industriali.

Andando avanti con la lettura dei libri di Agatha feci anche la scoperta che l’english breakfast non si limitava solo a uova, bacon, prosciutto e marmellata, ma poteva essere ancora più varia e raffinata. In tutti i romanzi della regina del giallo, tutte le mattine, c’era sempre qualcuno che si svegliava al tintinnare della prima tazza di tè servita nella camera da letto padronale da una cameriera con grembiule e cuffietta inamidati. Il vero pasto mattutino veniva consumato, però, nella breakfast room, dove, sulla credenza, erano disposte una serie di pietanze calde in vassoi d’argento adeguatamente coperti affinché i cibi non si freddassero.

Ogni commensale poteva decidere in base ai gusti e all’inclinazione del momento: i più tradizionali avrebbero scelto uova al bacon e salsicciotti di manzo, accompagnati da pomodori gratinati, funghi trifolati e fagioli bianchi al pomodoro; i più raffinati si sarebbero deliziati con uova alla Benedict, pâté di anatra in crosta e pane tostato con marmellata di arance amare oppure con marmellata di mele cotogne; gli amanti dei sapori decisi (molto decisi) avrebbero optato per rognoni al bacon e frittata allo smoked haddock (un pesce affumicato simile al merluzzo); i cultori della semplicità si sarebbero accontentati di uova strapazzate e muffin, accompagnati da confettura di ribes e, infine, i nostalgici dei tempi in cui la vecchia Inghilterra possedeva un impero avrebbero scelto frittata al curry e kedegeree (una preparazione a base di riso basmati, spezie e smoked haddock)… Ok, ammetto che il  kedegeree è un’aggiunta della mia fervida fantasia: la verità è che non ricordo di aver mai letto di questa pietanza nelle colazioni dei personaggi di Agatha. Ma sono comunque certa della sua presenza (magari sotto la traduzione di riso al curry) sulle credenze delle breakfast room dei vari colonnelli ottuagenari che animavano spesso i suoi romanzi.

Del resto, il kedegeree è un piatto molto tipico della colazione inglese e, per quanto non sia quello più conosciuto all’estero, è una pietanza che non è stata trascurata neppure dai divi della gastronomia britannica contemporanea. Io, per esempio, ho trovato la ricetta in un libro di Jamie Oliver dedicato ai piatti di Natale (Jamie Oliver’s Christmas Cookbook, edito da Penguin Books), ma credo che anche Nigella Lawson e Gordon Ramsay ne abbiano una loro personale versione. Comunque, è stato Jamie Oliver che mi ha indotto a fare il collegamento con Agatha: nella presentazione del suo kedegeree, infatti, lo chef plurimiliardario del Sussex accenna al fatto che in origine era un piatto vegetariano indiano a base di riso, spezie e lenticchie decorticate, molto apprezzato dagli inglesi che vivevano in India ai tempi dell’Impero britannico. Molto probabilmente, una volta rientrati nella madrepatria, questi inglesi hanno cercato di riprodurre alcuni dei piatti indiani che più preferivano, sostituendo qualche ingrediente delle ricette originali quando non riuscivano a trovarlo in Inghilterra. Qualcuno sostiene che è andata così anche con il kedegeree: non riuscendo a trovare le lenticchie decorticate, grazie alle quali il riso assume un caratteristico colore simile al giallo oro, gli inglesi di ritorno dalle colonie hanno pensato bene di sostituirle con l’haddock affumicato che dà ai chicchi di riso più o meno la stessa tonalità…

Lo so quello che state pensando ora: “Il primo piatto che ci presenterà sarà questo kedegeree di cui sta tanto ciarlando”.

Avete ragione solo in parte.

Le prime ricette che vi presenterò saranno, sì, tipiche della colazione inglese, ma, per quanto non abbia nulla da obiettare alla cultura gastronomica britannica, non sono ancora propensa a mangiare eglefino affumicato (alias smoked haddock) di buon mattino. E poi, francamente, non saprei neppure dove cercarlo. Detto questo, però, mi sembrava troppo scontato proporre uova fritte con pancetta, sia a voi sia ai miei primi ospiti, che so per certo (perché li conosco molto, ma molto bene) che di uova al bacon hanno fatto ormai la loro routine domenicale.

E allora cosa cucinerò per i miei primi invitati? E, a proposito, chi saranno?

Nel prossimo post vi darò tutti i dettagli (invitati compresi) e le ricette della mia english breakfast .

64 thoughts on “Colazione a Nigger Island

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