Quella irraggiungibile leggerezza del corpo
Quando arriva agosto per me inizia (immancabilmente) l’incubo della prova costume.
È una storia che dura da molto, molto tempo e non c’è estate in cui non minacci me stessa con queste parole: «è l’ultima volta che arrivi in agosto ridotta così. Da lunedì ti metti a dieta e ci rimani per tutto l’anno. E ti scrivi pure in palestra o vai a correre tutti i giorni!»
Beh, se un po’ mi conoscete, saprete già che, per ciò che concerne le diete, le minacce del “super io” non hanno mai fatto breccia sul mio “io” e, quindi, ogni anno, ad agosto, si ripete puntualmente la storia della “prova costume”…
Vi starete chiedendo perché il mese tanto temuto sia agosto e non luglio… Allora è meglio che vi dica tutta la verità. Quando avevo 18 anni (era il 1990) andavo al mare con le amiche agli inizio di luglio. In quel periodo, dalle mie parti, le spiagge erano praticamente deserte e noi trascorrevamo giornate splendide facendo bagni di sole, di mare e picnic. Sì, picnic. Perché ci portavamo il cibo da casa e mangiavamo sotto l’ombrellone, godendoci la sabbia bianca e il mare azzurro fino a sera. Senza interruzioni. Ma per pranzo non ci accontentavamo di semplici panini e di frutta fresca. No. Carmelina (che era la più grande e la più sensata fra di noi) si preoccupava anche di portare teglie di lasagne o di bucatini alla parmigiana, tiramisù congelati (che, pur sciogliendosi un pò, si mantenevano molto freddi anche per ore sotto l’ombrellone) e l’immancabile termos di caffè nero.
Non voglio suggerire che per tutto il mese di luglio ci mettevamo “all’ingrasso”… ma quasi!
Comunque, quando arrivava il mese di agosto, anche le nostre meravigliose spiagge si riempivano di gente, soprattutto di persone che venivano da fuori. E allora ci sentivamo alquanto in imbarazzo a pranzare in spiaggia, sotto gli occhi dei turisti, con bucatini alla parmigiana. Anzi, per darci un tono, portavamo solo frutta fresca e acqua naturale (anche se poi, io e mia cugina Rosa, senza farci vedere dagli altri, correvamo a rimpinzarci di polpette fritte sotto l’ombrellone di zia Lola -che, con la scusa dei figli, all’epoca bambini, non si spostava mai senza un’enorme borsa frigo sempre ben fornita-).
Ma l’arrivo di agosto non modificava solo le nostre “abitudini alimentari”, cambiava anche il modo di stare in spiaggia… io, per esempio, invece di continuare a godermi il mare e la spiaggia in libertà, sostituivo il bikini con il costume intero (stile olimpionico e di colore blu) e poi mi avvolgevo in enormi parei, nel tentativo di nascondere i miei presunti chili di troppo agli altri ignari bagnanti, a cui, ora so, poco importava di me e del mio peso forma.
Adesso che ho ben 10/12 chili in più rispetto al mio peso ideale, mi rendo conto che, almeno a quei tempi, la lamentela sulla non leggerezza del mio corpo era praticamente senza senso. Ma si sa, quando si è giovani si è anche più spietati riguardo alle presunte imperfezioni del proprio corpo e di quello altrui.
Oggi, per quanto mi piaccia pensare di aver superato da tempo la questione “aspetto fisico” (perché, si sa, il coltivare virtù intellettuali è decisamente più importante dell’apparenza fisica e bla, bla, bla), la verità è che la bellezza estetica, nella fattispecie la leggerezza del corpo, continua a perseguitarmi (soprattutto in estate), perché in fondo (proprio perché ho studiato un po’ la società) non posso non essere cosciente che il modo in cui si appare è dannatamente importante nel nuovo millennio.
Non è questa la sede per approfondire tali argomenti, annoiandovi con categorie di analisi che sono proprie della sociologia, dell’antropologia e della psicologia. Ma avrete notato tutti che, nella società contemporanea, l’idea di bellezza si sia legata sempre più a quella di magrezza. E che, a sua volta, la magrezza/bellezza, si sia associata fortemente a valori come l’apprezzamento e l’accettazione sociale. In effetti, anche se indiretti, i messaggi in tal senso sono inequivocabili, ovunque si posi lo sguardo: se sei magra hai più possibilità di avere successo in amore, nel lavoro, puoi essere popolare (soprattutto sui social) e felice…
E se è vero che noi siamo portati a percepire la bellezza soprattutto nel confronto con gli altri, oggi, con la globalizzazione dei mezzi di informazione, siamo “più esposti” a modelli di bellezza difficilmente replicabili, diventando maggiormente inclini a classificare noi stessi e le persone che ci circondano come “insoddisfacenti” dal punto di vista estetico.
Ritornando a me, pur essendo conscia che l’ideale della bellezza contemporanea sia un canone “suggerito” dalla “cultura dominante” (vedi le raffinate analisi di Pierre Bourdieu, 1979) e anche dal mercato, non posso fare a meno, soprattutto quando arriva il mio primo giorno di mare, di invidiare le donne magre, slanciate e senza cellulite che stanno bene con qualsiasi tipo di costume da bagno, perfino con i bikini più ridotti. E in quel caso, credetemi, non ci sono virtù intellettuali che tengano! Poi, passati i primi giorni, l’invidia (quel mostro dagli occhi verdi) comincia a scemare e i corpi snelli delle altre cominciano ad apparirmi semplicemente corpi. Corpi al sole. Esattamente come il mio. Perché poi, in fondo, la ragione ha sempre la meglio (per fortuna!) su tutto il resto e finisco per realizzare che è altro (non solo un corpo snello e tonico) a distinguere e a fare bella una donna.
E sono grata ad Agatha Christie per avermi mostrato questa prospettiva ancor prima che studiassi un po’ di sociologia.
La regina del giallo, infatti, nel libro Devil under the Sun, pubblicato nel 1940 (in Italia tradotto nel 1947 con il titolo Corpi al sole), ha esplicitato, attraverso la voce del mitico Hercule Poirot, il concetto che i “corpi al sole” siano «soltanto…corpi», cioè tutti uguali (che poi è la chiave della soluzione del giallo che, in quel caso, il detective belga è chiamato a risolvere).
Una mattina in cui eravamo qui sulla spiaggia, si parlò di corpi al sole, allineati come in una sala di obitorio. Allora mi venne fatto di riflettere sulla poca differenza che passava fra un corpo e un altro. Guardando attentamente, la differenza c’è, ma guardando di sfuggita una donna ben fatta assomiglia molto a un’altra donna ben fatta. Due gambe abbronzate, due braccia abbronzate, qualche centimetro quadrato di costume da bagno… un corpo qualunque al sole. Quando cammina, quando parla, quando ride, una donna rivela qualcosa della sua personalità, ma durante il bagno di sole no…
Non posso fare a meno di chiedermi cosa avrebbe aggiunto ancora Poirot sui “corpi” di oggi, resi sempre più simili gli uni agli altri dalle estenuanti sessioni di allenamento in palestra, dal ricorso alla chirurgia plastica e dalla moda dei tatuaggi…
Intendiamoci: se potessi scegliere, preferirei essere una donna interessante, colta, elegante e magra, ma se fossi costretta a rinunciare a una di queste qualità, non avrei dubbi su quella da sacrificare per prima… e non lo dico solo perché oggi ho 10/12 chilogrammi in più rispetto al mio peso ideale!
Provo ammirazione per quelle donne che mantengono un’alimentazione sana e corretta tutto l’anno, che riescono a trovare il tempo per la pratica di uno sport che le aiuta ad asciugare il corpo da quegli anti-estetici rotolini che si depositano giusto sul giro vita, che hanno la costanza di usare quotidianamente creme che levigano la pelle, riducendo la maledetta cellulite. Ma, allo stesso tempo, non sopporto che la rincorsa alla bellezza/magrezza debba essere la nostra priorità e che debba contribuire a renderci insicure del nostro corpo e delle nostre capacità. Ed è anche per questo (e per non rinunciare ai bucatini alla parmigiana) che il mio “dramma” della prova costume in agosto, e le relative minacce del mio “super io”, pur presentandosi puntualmente ogni estate, trovano sempre il tempo che trovano…
P.S. Immagino che avrete già capito di quale giallo vi parlerò nei prossimi post…
6 thoughts on “Quella irraggiungibile leggerezza del corpo”
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