Sempre più giallo

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PARTE VI

Dis-moi Oui : l’anello scomparso

Si avvisano i lettori che in questo articolo continua la conversazione con la Regina del Giallo, Agatha Christie.

Come di consueto, ricordo a chi legge che le informazioni contenute nei dialoghi sono il risultato delle mie ricerche su una selezione di libri, inchieste giornalistiche, documentari tv e podcast che, negli anni, si sono occupati dell’incidente della Principessa.

È stata gentilissima a invitarmi anche per la cena: grazie, Agatha.

Mi piace avere compagnia. Soprattutto quando ho la fortuna di trovare qualcuno che condivide due delle mie più grandi passioni: il giallo e il cibo. La mia cuoca ha preparato quello che solitamente è il nostro pranzo della domenica: Sua Maestà il Roast-beef servito con pisellini freschi cotti al vapore e salsa alla menta. Ovviamente accompagnato dal buon vecchio Yorkshire pudding. Per dessert avremo invece  la “Delizia mortale”.

La “Delizia mortale”? Quella di un “Delitto avrà luogo”?

Esattamente quella, cara!

Ottimo: una cena squisitamente inglese. Sa, Agatha, io non ho mai creduto al luogo comune che liquida le pietanze britanniche come le più sciatte e le meno apprezzate al mondo. Né ho mai condiviso l’affermazione che per mangiare bene in Inghilterra si dovesse fare colazione tre volte. I miei vecchi colleghi dei tempi del dottorato mi raccontavano di essersi nutriti solo di latte e shortbread per tutta la durata delle loro borse di studio in qualche università inglese, ma dalle mie letture ho sempre avuto tutt’altra impressione: basti pensare proprio al roast-beef, ai pudding, ai muffin che sono fra i piatti più conosciuti e graditi al mondo. Inoltre, ho sempre pensato che la cucina britannica, differenziandosi in maniera netta sia dalla tradizione francese sia da quella italiana, ha saputo trovare una sua via caratterizzata dall’“inclusività”, riuscendo da sempre ad abbracciare e a far propri anche sapori di altre parti del mondo. Per esempio, il kedgeree che abbiamo mangiato ieri a colazione, oppure i curry, i chatney… anticipano a tutti gli effetti il multiculturalismo a tavola. Precorrono quell’idea, oggi così tanto di moda, di integrazione attraverso il cibo.

Sono assolutamente d’accordo con te, cara! E poi è molto bello sentire questi apprezzamenti da una persona che proviene da un Paese che celebra il buon cibo in ogni sua forma… Ma ora ritorniamo all’altra mia passione: ci sono altri particolari che ancora non mi hai raccontato sull’incidente della Principessa?

Sì, l’ennesima, chiamiamola così, “coincidenza” che però riguarda la Mercedes su cui viaggiava quella notte la Principessa: qualche mese prima era stata rubata e poi ritrovata, due settimane dopo il furto, in condizioni disastrate: pneumatici bucati, portiere divelte, sistema elettronico e meccanismo di controllo dei freni ABS scomparsi …

Mi auguro che dopo l’incidente, la macchina sia stata esaminata dagli ingegneri della casa costruttrice…

Ho sentito in un documentario che l’azienda Mercedes, che aveva progettato e costruito quel modello in Germania, si mise subito a disposizione per effettuare un accurato esame della berlina incidentata, ma gli inquirenti francesi rifiutarono categoricamente di mandare il rottame in Germania.

Ma c’è dell’altro su quella fatidica notte di fine agosto: le riprese a circuito chiuso dell’Hotel Ritz ripresero Henri Paul che, a un quarto d’ora dalla mezzanotte, non sembrava affatto alterato dall’alcol mentre si chinava con una certa destrezza (e mantenendo un perfetto equilibrio) per allacciarsi prima la scarpa destra e poi quella sinistra.

Ma gli esami tossicologici dimostrarono che era ubriaco, ovviamente…

Ovviamente! Non solo ubriaco, ma anche impasticcato di psico-farmaci. Eppure Henri Paul non era un semplice autista… Conseguì il brevetto di volo, era un esperto in sicurezza e, presso la Mercedes a Stoccarda, superò perfino un corso speciale di guida con la particolare qualifica per le tecniche di fuga nel caso di attacchi terroristici e rapimenti. Durante la sua carriera fu sottoposto costantemente a test molto severi sull’alcolismo, test sempre rigorosamente superati. Fu proprio grazie a queste caratteristiche che la famiglia Al-Fayed lo assunse. Quella fatidica notte era libero, ma fu richiamato in servizio da Dodi proprio perché lo aiutasse a “seminare” i paparazzi che bivaccavano davanti all’ingresso del Ritz in cerca di uno scoop.

Ma qualcuno lo vide bere al bar del Ritz…

Vuole sapere chi, fra gli altri, disse di averlo visto bere pesantemente prima di mettersi alla guida della Mercedes? L’unico sopravvissuto all’incidente: la guardia del Trevor Rees-Jones.

Che perse la memoria, ma provvidenzialmente ricorda quello che è successo prima…

Il padre di Dodi, Mohamed Al-Fayed, sostenne che i prelievi del sangue di Paul furono sostituiti con quelli di un alcolizzato. Ma l’impareggiabile Lord Stevens dimostrò, attraverso l’esame del Dna della madre di Henri Paul, che i prelievi appartenevano invece proprio a  lui.

Vuoi un altro po’ di piselli, cara?Sono ottimi con la salsa alla menta.

Sì, grazie. E dopo vorrei dalla sua cuoca anche tutte le ricette delle pietanze della cena.

Va bene, cara. Dalle informazioni che mi hai fornito mi sono fatta un’idea sul come… Ora è il caso di passare al perché. Ma prima di esaminare i vari moventi delle persone che, per qualche ragione, avrebbero tratto vantaggio dalla morte della Principessa, vorrei che mi parlassi del padre di Dodi: di Mohamed Al-Fayed. Del resto, se non ci fossero state le sue pressioni, le indagini sulla morte della Principessa si sarebbero chiuse nel 1999 e tutte le coincidenze che abbiamo esaminato non sarebbero mai saltate fuori…

 Sì, è proprio così. Dunque, Mohamed Al-Fayed, era considerato dall’establishment britannico un parvenu. Un “arrampicatore sociale” che venerava così tanto l’aristocrazia da arrivare perfino a comprare la casa parigina del duca di Windsor (lo zio della Regina che abdicò per amore di una donna americana divorziata), pur di impressionare la Royal Family. Ma nonostante il magnate egiziano si prodigasse per essere “ricevuto” a corte, per ben due volte la Regina gli negò la cittadinanza britannica. Tuttavia, Mohamed conosceva l’aristocratico padre della Principessa, fin dai tempi in cui lei era una bambina e, nell’estate del 1997, la invitò, insieme ai suoi figli allora adolescenti, a Saint Tropez. Forse sperando che suo figlio Dodi, ormai quarantenne, conquistasse il cuore di quella giovane aristocratica ormai divorziata: sarebbe stato uno schiaffo per l’intero establishment inglese che lo aveva sempre deriso e disprezzato. E sarebbe stato finalmente il trionfo del suo casato. E qui si apre un giallo nel giallo: Mohamed Al-Fayed ha sempre sostenuto che in quella breve estate la Principessa e Dodi si fossero perdutamente innamorati, che lei, a fine agosto, avesse scoperto di aspettare un bambino da Dodi e che agli inizi di settembre avrebbero comunicato ufficialmente il loro legame. Secondo quanto ha sempre raccontato Mohamed, la Principessa aveva scelto perfino l’anello di fidanzamento dal noto gioielliere italiano Alberto Repossi, a Saint-Tropez. Tuttavia, amici e parenti della giovane donna hanno sempre negato con fermezza queste notizie.

Che si sa dell’anello?

È interessante che me lo chieda, perché di recente, a distanza di 25 anni, ci si sta chiedendo dove sia finito o se sia mai esistito…

La presenza dell’anello o, al contrario, la sua assenza è fondamentale per capire quale direzione stesse prendendo la vita della Principessa. Ci aiuta a capire a quale futuro stesse pensando. E ciò ci potrà tornare utile quando ragioneremo sui moventi che possono aver spinto qualcuno a “ordinare” la morte  della giovane.

Recentemente ho letto un articolo sul Corriere della Sera in cui Alberto Repossi racconta che nell’agosto del 1997 la Principessa arrivò alla vetrina della sua boutique a Monaco e, senza neanche entrare, indicò a Dodi un anello della collezione Dis-moi oui. Poi Dodi lo chiamò per fissare un incontro a Saint Tropez, dove erano diretti, per definire la scelta e la misura dell’anello. L’incontro avvenne il 22 agosto. Il gioielliere racconta che la Principessa non voleva modificare nulla dell’anello che aveva visto in vetrina, tuttavia il gioiello era troppo largo per il suo anulare. La coppia gli chiese allora di restringerlo, ma avevano necessità di ritirarlo entro il 30 agosto, perché il primo settembre avrebbero reso pubblico il loro fidanzamento. Si accordarono per ritirare l’anello completo di modifiche a Parigi, nella sua boutique di Place Vendôme. E così avvenne. Repossi ha anche spiegato che dopo l’incidente, a settembre, ricevette una telefonata dal tabloid britannico Sun, che aveva saputo dalla compagnia assicurativa dei Lloyds di Londra dell’anello.Il gioielliere, però, per rispettare l’impegno sulla riservatezza, dichiarò di non sapere nulla e la faccenda si arenò nell’incertezza. Anni dopo il bodyguard sopravvissuto allo schianto, Trevor Rees-Jones (senza memoria solo quando gli conviene) pubblicò un libro in cui smentiva tutta la storia dell’anello. Fu a questo punto che il gioielliere chiamò Mohamed Al-Fayed, dicendogli che era tempo di parlare e di mettere al sicuro le prove perché lui stesso aveva consegnato il gioiello a Dodi a Parigi e la visita nella sua boutique era stata registrata anche dalle telecamere… Repossi fu anche interrogato da Scotland Yard e vennero analizzati il lavoro e i documenti dei suoi laboratori, attraverso i quali si risalì effettivamente all’esistenza del gioiello e alla sua successiva modifica. Rimane, però, l’ennesimo mistero: che fine ha fatto il Dis-moi Oui? Il gioielliere non lo sa. La polizia francese disse che gli oggetti personali della Principessa furono dati a una delle sue sorelle. Ma non sa se fra questi ci fosse anche l’anello….

Il Dis-moi Oui, simbolo delle reali intenzioni della principessa, non si trova, perché la sua esistenza può essere molto pericolosa per qualcuno…

E i risultati dell’autopsia sul corpo della Principessa?

 Subito dopo la morte, il corpo della Principessa fu imbalsamato e pertanto non è stato possibile accertare una possibile gravidanza…

Sarà meglio fermarci qui: non riuscirei a sopportare altro. Sembra di rimbalzare su un muro di gomma… Faccio servire la “Delizia mortale?

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