Quattro coincidenze…

Quattro coincidenze…

PARTE III

Joker

Si avvisano i lettori che da qui in poi si riprende la conversazione con Agatha Christie.

Le informazioni contenute nei dialoghi sono state ricavate dalle mie personali indagini su libri, inchieste giornalistiche, documentari tv e podcast inerenti alla vita e alla misteriosa morte della Principessa.

Agatha, questi sono i fatti.

Seguendo la tua ricostruzione, ci sono una serie di “coincidenze” che portano su una pista diversa dall’incidente…  Sono state tutte chiarite?

Lord Stevens (ex capo della polizia londinese, incaricato di esaminare il dossier francese dal royal coroner) sottolinea ancora oggi di aver spiegato ogni elemento relativo alla morte della Principessa. È lui che ha “risolto” la serie di “coincidenze” riguardanti il mistero dell’autista della famigerata Fiat Uno “bianco Corfù”. In particolare, ha chiarito il ruolo di un noto “paparazzo” che dava la caccia alla Principessa: un certo James Andason, trovato poi morto, agli inizi di maggio del 2000, in un bosco, in Francia. Andason era un personaggio singolare con alle spalle una carriera sensazionale: era noto soprattutto per essere riuscito a fotografare  Aristotele Onassis sul letto di morte. Ma giravano voci più “inquietanti” sul suo conto: pare che si trovasse sempre a essere il primo a fotografare “tragedie” e questo perché, secondo le informazioni degli investigatori privati di Mohamed Al-Fayed, il fotografo dei VIP aveva contatti con i servizi segreti e sapeva in anticipo “cose che sarebbero accadute”… A ogni modo, la sua vita finì in maniera altrettanto singolare rispetto a come probabilmente l’aveva vissuta: fu trovato morto carbonizzato nella sua auto e le indagini stabilirono che si era tolto la vita. Ma il nome di Andason entrò nell’inchiesta non per le voci che giravano sul suo conto, ma perché i consulenti di Mohamed Al-Fayed (e non la polizia francese, che pur aveva avviato una vasta operazione alla ricerca “dell’altra auto” coinvolta nell’incidente) scoprirono che il fotografo era proprietario di una Fiat Uno di color “bianco Corfù”. Il paparazzo fu però rapidamente messo da parte dagli investigatori francesi: dimostrò che la sua Fiat Uno risultava inutilizzata da tre anni e che la notte del fatidico incidente non si trovava a Parigi, ma era partito per la Corsica proprio quel giorno (30 agosto) dall’ aeroporto di Orly.

Riguardo all’alibi di Andason, ho letto versioni diverse. Alcuni giornali riportarono, per esempio, che la moglie del fotografo testimoniò che il marito era a letto con lei la notte dell’incidente. Quindi, secondo questo alibi, mentre decine di paparazzi erano appostati davanti all’hotel Ritz di Parigi per avere una foto della Principessa e del suo nuovo fidanzato, lui, il re dei paparazzi, stava dormendo nel suo letto…L’inchiesta inglese condotta da Lord Stevens dimostrò (con tanto di biglietto aereo e foto) invece che lui, al momento dell’incidente, era in Corsica per lavoro. Un alibi decisamente più solido…Tuttavia, agli inizi del 2000, prima di suicidarsi, James Andason contattò lo scrittore Frédéric Dard (sì, proprio lui, Charles Antoine Frédéric Dard, il famoso romanziere francese di genere noir autore della serie poliziesca del “Commissario Sanantonio”) a cui confidò d’esser stato presente nel tunnel dell’Alma la notte dell’incidente, guidando proprio la sua Fiat Uno “bianco Corfù”. Pare che Andason volesse scrivere un libro sulla morte della Principessa, rivelando il ruolo dei servizi segreti… Il contesto in cui fece queste confidenze fu un pranzo a casa dello scrittore a cui parteciparono anche la moglie e la figlia di Dard.

Nella seconda indagine inglese, Lord Stevens, non potendo interrogare lo scrittore (che fra l’altro era morto -si spera per cause naturali- esattamente un mese dopo Andason, cioè agli inizi di giugno del 2000), ascoltò la vedova e la figlia che avevano partecipato al pranzo e assistito alla conversazione. Le due donne furono interrogate separatamente per ore e alla fine dissero che durante il pranzo si erano alzate più volte per servire le pietanze e che, quindi, potevano aver capito male la conversazione fra lo scrittore e il fotografo. Scotland Yard stabilì, pertanto, che la loro testimonianza non poteva essere considerata attendibile. Un elemento curioso era però che i Dard avevano dei domestici che assicuravano il servizio a tavola…

Cara, fammi appuntare queste “coincidenze”, la mia memoria non è più quella di un tempo. Dunque, un noto paparazzo che dava “la caccia” alla Principessa, era anche indicato come persona vicina ai servizi segreti (1ª coincidenza). Questi possedeva anche una Fiat Uno “bianco Corfù” (2ª coincidenza). Anche se dimostrò agli inquirenti francesi che la sua Fiat non veniva usata da tempo e, soprattutto, che lui era altrove nel momento dell’incidente, “in giro” raccontava un’altra storia e cioè che lui era presente in quel tunnel, proprio con la sua Fiat bianca. Tre anni dopo l’incidente, decise di mettere a guadagno i presunti segreti di cui era a conoscenza, scrivendo un libro su quella fatidica notte fra il 30 e il 31 agosto del 1997. Parlò di questo progetto con uno dei più famosi scrittori francesi. Andason era un bugiardo? Un mitomane? Un millantatore? Comunque è l’ennesima “singolarità” (3ª coincidenza). Il 6 maggio del 2000 decise infine di togliersi la vita nella maniera più orribile che un essere umano possa concepire: dandosi fuoco in auto (4ª coincidenza). A questo punto sono curiosa di sapere quale carta ha giocato il capo di Scotland Yard, Lord Stevens,  per chiarire tutte queste “coincidenze”… Aspetta: non dirlo! Il Joker. Ha giocato il suo Joker!

Esattamente, Agatha: Le Van Thanh, un tassista vietnamita che all’epoca dell’incidente aveva 22 anni. Lord Stevens scrisse nel rapporto che fu lui a “speronare” la Mercedes su cui viaggiava la Principessa. Peccato che quest’uomo non si sia mai presentato a testimoniare davanti a Scotland Yard… Intervistato di recente dal giornalista Dylan Howard e dall’ex poliziotto Colin McLaren, autori del libro Diana: case solved (2019), Le Van Thanh ha sostenuto che la polizia francese gli avrebbe consigliato di non andare a Londra a testimoniare: “Mi dissero: là hanno leggi diverse, non andare” e alla domanda sul perché, subito dopo l’incidente avesse verniciato di rosso la sua Fiat Uno rispose: “La polizia francese sa il perché. Quando uno non ha soldi e danneggia una vecchia auto, cosa può fare?” Secondo gli autori del libro, nel 1997 l’ex-tassista non raccontò tutto ciò che sapeva perché temeva per la sua vita e per quella della sua famiglia.

Certo, questa carta ha sovvertito l’esito di una mano, ma non dell’intera partita… Non potendo eliminare dalle indagini la Fiat Uno “bianco Corfù” (perché c’erano prove schiaccianti che la Mercedes aveva urtato nella sua ultima corsa una macchina di quel tipo) hanno escluso, grazie al Joker, un personaggio “scomodo” come Andason. Ma le “coincidenze” non mi sembrano affatto chiarite. In più, le recenti dichiarazioni dell’ex-tassista vietnamita (il Jocker) sono sufficienti per chiedere la riapertura dell’inchiesta.

C’è un’ultima cosa che vorrei dirle, Agatha. È legata alle foto che i paparazzi scattarono in quella terribile notte d’agosto. Ho letto da qualche parte che, poco tempo dopo l’incidente, alcune agenzie fotografiche (non ricordo se di Parigi o di Londra) subirono dei furti o delle effrazioni. Si parlò anche di un’agenzia legata ad Andason… L’inchiesta di Lord Stevens smentì fermamente anche queste voci.

Ho sentito il bisogno di raccontarle anche tali dicerie poiché molto di recente ho letto il memoir del figlio più piccolo della Principessa che, all’epoca dei fatti aveva solo 12 anni. Il libro in questione è Spare (2023) e da molti è considerato un romanzo “eversivo”  nei confronti della  Royal Family. È una storia lunga (a tratti commovente, a tratti divertente) quella che racconta il Principe e, probabilmente, nel corso delle nostre conversazioni, la riprenderò altre volte, perché in fondo l’autore è anche un “testimone privilegiato” dei fatti. Ma qui mi limito a rimandare a vicende specifiche di cui ha scritto nella fine della prima parte del suo memoir (significativamente intitolata “Dal profondo della notte che mi avvolge”) e, precisamente, nel capitolo 52. In questa parte del libro, il figlio minore della Principessa racconta di aver chiesto, in età ormai adulta, al suo segretario privato di procurargli “un po’ di verità: sotto forma di documenti segreti della polizia sull’incidente della mamma”. L’uomo gli procura il dossier, da cui però toglie i documenti “più difficili da reggere”. Il Principe scrive di essersi sentito frustrato, ma non protesta: sapeva che il suo segretario aveva agito per il suo bene, per proteggerlo. Comincia l’esame delle foto e all’inizio gli sembrano tutte scattate dalla polizia, poi si rende conto “che molte, se non la maggior parte, erano di paparazzi e altri fotografi presenti sulla scena”. “Alcune immagini erano state scattate a pochi momenti dallo schianto, altre molto tempo dopo. Alcune riprendevano poliziotti che si aggiravano sulla scena. Altre mostravano gli spettatori intenti a osservare”.

Ho già capito quello che ti stai chiedendo: i paparazzi che inseguivano la Mercedes, arrivati subito dopo l’impatto, hanno inconsapevolmente “catturato qualcosa” nelle loro irrispettose fotografie? Sarebbe questo il motivo per cui alcune agenzie hanno subito effrazioni notturne? Qualcuno voleva recuperare quei negativi?Ma prima di ragionare su altre “coincidenze”, facciamo una pausa: sono le 5, l’ora del tè. Hai mai preso un tè con crema del Devon, cara?

No. Io bevo prevalentemente caffè nero…

Allora dobbiamo rimediare subito!

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