Verba volant

Verba volant

PARTE X

Scripta manent

Avviso per i lettori del blog: in questo articolo, come in tutti gli altri della serie, immagino di conversare con Agatha Christie sulle “coincidenze” che si sono verificate prima e dopo il misterioso incidente di Lady D, Principessa di Galles.

Le informazioni (e le affermazioni) contenute nei dialoghi sono il risultato delle mie ricerche su una selezione di libri, inchieste giornalistiche, documentari, film, serie TV e podcast che, negli anni, si sono occupati della sua vita e della sua morte. Tuttavia, all’interno di una cornice di fatti ricostruiti in maniera oggettiva, si avanzano ipotesi (alcune volte azzardate), frutto della mia (a volte fervida) fantasia.

Mi sono mancate le nostre conversazioni, cara. È passato un po’ di tempo da quando ci siamo viste l’ultima volta. Ho molte cose da chiederti, ma riprendiamo da dove abbiamo lasciato: never complain, never explain… Come reagì la Royal Family alla “violazione” di questa regola ferrea, ma non scritta? Perché immagino che, dopo aver saputo del contenuto del libro di Andrew Morton, tutti i royals avranno intuito che dietro quelle parole stampate ci fosse proprio lei, la Principessa…

Morton racconta che il giorno dopo la pubblicazione del libro la coppia fu convocata dalla Regina per discutere del futuro di quel matrimonio. La Principessa era profondamente triste, perché, nonostante tutto, amava ancora il marito, ma sentiva di aver esaurito ogni energia. All’insaputa della Principessa, invece, il marito si era già portato avanti e, prima di quell’incontro ufficiale, aveva parlato con la madre, cioè la Regina, sulla possibilità di un divorzio reale. E in questo frangente che si deve inquadrare il ruolo del marito della Regina, il principe consorte, duca di Edimburgo, nonché suocero della Principessa.

Nelle nostre prime conversazioni, hai detto che Mohamed Al-Fayed mosse accuse molto gravi nei suoi confronti, indicandolo addirittura come mandante delle operazioni speciali che portarono all’incidente mortale del 31 agosto 1997.

Esatto. Il rapporto fra la Principessa e il suocero è stato uno di quegli argomenti in cui negli anni sono stati versati fiumi di inchiostro. Alcuni lo hanno descritto come conflittuale, altri come affettuoso. Quello che è certo, della serie scripta manent, è che il marito della Regina d’Inghilterra, scrisse varie lettere alla nuora. Molti, fra cui Paul Burrell (maggiordomo della Principessa e, successivamente, autore di A Royal Duty -2003) scrissero che il duca di Edimburgo intendesse mettere a disposizione della giovane la propria saggezza e la propria esperienza di principe consorte che, per rispetto della moglie-regina e soprattutto per la stabilità della monarchia, aveva imparato a rinunciare a molto, trovando comunque un compromesso tra le regole di corte e dell’istituzione, e il suo cuore, le sue passioni, il suo dinamismo. Così, quando fu pubblicato il libro-confessione di Morton, in un incontro al castello di Windsor, si sentì di consigliare al figlio e alla nuora di riflettere, di dar tempo ai risentimenti di placarsi e trovare una soluzione conciliante per i rispettivi egoismi e desideri. In fondo non si trattava solo del loro amore (o non amore), ma del futuro e della stabilità della Corona. Secondo quanto scritto da Paul Burrell, la discussione assunse toni accesi e la Principessa si rifiutò di riprenderla il giorno dopo. Fu per questo che il duca di Edimburgo avrebbe impugnato carta e penna. Per fornire qualche suggerimento. Di temperanza. Nel suo libro, Paul Burrell scrisse anche che, proprio come aveva fatto piangere la Principessa con certe sue espressioni troppo dirette e dure, lui la fece altrettanto ridere (e addirittura saltellare di gioia), come, per esempio, quando le espresse le sue opinioni personali sull’amante del figlio tramite una delle sue lettere. Le scrisse che sia lui che la Regina disapprovavano da tempo il rapporto del figlio con quella donna sposata e aggiunse: «Per un uomo nella posizione di mio figlio è stato sciocco rischiare tutto per questa donna. Non avremmo mai immaginato, neanche lontanamente che potesse pensare di lasciarti per lei. Non posso immaginare che una persona sana di mente ti lasci per una donna come lei. Una possibilità del genere non ci aveva mai sfiorato». Il maggiordomo scrisse anche che, a un certo punto, il duca di Edimburgo iniziò a concludere le lettere che inviava alla Principessa con la frase  “con profondo affetto, papà”.

Questa è la versione del maggiordomo. Qual è invece l’altra?

Andrew Morton scrisse invece che il confronto fra la Principessa, il marito, la Regina e il duca di Edimburgo, avvenuto negli appartamenti privati del castello di Windsor, fu gelido: si decise che prima di procedere alla separazione formale, la coppia reale avrebbe dovuto darsi un tempo (presumibilmente tre mesi) per risolvere le proprie divergenze. Nel frattempo, doveva essere mantenuta la facciata della normalità. Nei giorni che seguirono, però, man mano che la famiglia reale serrava i ranghi, ebbe inizio una bisbigliante campagna contro la Principessa. La freddezza verso di lei era visibile, quasi palpabile. “Il severo punto di vista” della Regina e dei suoi parenti più stretti filtrò attraverso le maglie della gerarchia di palazzo e si estese fino ad arrivare alla periferia più esterna della nobiltà. Ma il suocero non si limitò a essere freddo o gelido. Nel giro di qualche settimana scrisse alla nuora lettere di fuoco i cui toni si alternavano: a volte amari; altre volte offensivi; sicuramente di rimprovero e di condanna. Le lettere furono comunque il preludio di quella che si sarebbe rivelata una torrida estate di intrighi. Gli amici del futuro re d’Inghilterra, (la “cerchia di Highgrove”, di cui faceva parte anche la sua amante con rispettivo consorte) capitanati dal suo segretario privato, si assunsero il compito di contattare i giornali e di fornire una versione della storia impregnata di sdegno e di derisione nei confronti della sua giovane moglie. Nei loro racconti, la Principessa, che aveva osato parlare della sua infelicità nel libro di Morton, veniva descritta come una donna “irrazionale, irragionevole e isterica”, malata di mente e non in grado di tenersi aggrappata a un barlume di realtà. Mentre il marito, il futuro re d’Inghilterra, veniva presentato come un simbolo di devozione parentale e come uomo intelligente e utile alla nazione.

Sai, ho conosciuto i Windsor. Sono stata anche a cena da loro a Buckingham Palace: fu una delle esperienze più eccitanti della mia vita. Entrai perfino in confidenza con la Regina, tanto che mi conferì l’onorificenza di Commendatore nel 1956, e poi quella di Dama dell’Ordine dell’Impero Britannico nel 1971. Li ho sempre considerati come una rispettosa, equilibrata e industriosa famiglia. Ma devo riconoscere che il loro comportamento in questo frangente non è stato certamente migliore di quello di una qualsiasi altra famiglia in lite. Anzi, da quello che mi stai raccontando, è stato forse peggiore. Che delusione per i tanti che avevano ammirato le virtù della Royal Family! E che dramma per la Regina e per il duca di Edimburgo vedere che i loro panni sporchi venivano lavati in pubblico. Questa vicenda ha sicuramente intaccato le basi stesse della Corona…

Sì, Agatha: un vero dramma per loro che avevano fatto della discrezione il loro stile di vita.

Ma ritorniamo al marito della Regina. Le lettere che scrisse  alla Principessa mi hanno richiamato alla mente alcuni episodi che hai citato all’inizio di questa inchiesta. Mi pare che tu abbia detto che nel 2001, Paul Burrell, il maggiordomo, fu accusato di furto dalla famiglia d’origine della Principessa e fu incriminato. E hai aggiunto che il suo processo riservò due colpi di scena: il primo riguardava ciò che “realmente” Scotland Yard stava cercando in casa di Burrell, cioè uno scrigno di mogano che, presumibilmente, conteneva, fra le altre cose, proprio quelle lettere scritte dal marito della Regina alla giovane nuora. Il secondo colpo di scena riguardava l’esito stesso del processo: prima che si arrivasse alla fine, la Regina in persona scagionò il maggiordomo perché si ricordò “improvvisamente” di essere stata informata a suo tempo da lui stesso che avrebbe prelevato, dopo la morte della Principessa, alcune cose dalla casa di Kensington Palace “per tenerle in custodia”, al sicuro da occhi o orecchie indiscreti. Quello che voglio dire è questo: è possibile che le lettere scritte qualche anno prima dal duca di Edimburgo alla sua giovane nuora, e custodite nello scrigno di mogano, contenessero delle minacce esplicite che, alla luce dei fatti realmente accaduti il 31 agosto del 1997, avrebbero potuto avvalorare l’ipotesi di un complotto ai danni della Principessa? Ed è possibile ipotizzare che l’intervento “improvviso” della Regina nel processo contro il maggiordomo (che grazie a lei venne poi assolto da ogni accusa) sia stato motivato dalla possibilità di recuperare quelle lettere “prese in custodia” dall’uomo? Fra l’altro questo spiegherebbe perché, nel libro (A Royal Duty) che il maggiordomo pubblicò dopo essere stato prosciolto dalle accusa, lui presenti una versione positiva dell’intervento del duca di Edimburgo..

Non lo so, Agatha. Ma tutto può essere…

Cosa successe negli anni che seguirono il 1992?

Nel 1992 la foto solitaria della Principessa sullo sfondo del Taj Mahal in India fece il giro del pianeta e non lasciò dubbi sullo stato del suo matrimonio. E alla fine dello stesso anno il primo ministro inglese John Major annunciò agli inglesi e al resto del mondo che la favola della Principessa e dell’erede al trono d’Inghilterra era finita con una separazione. Ma il divorzio arrivò dopo. Dopo la famigerata intervista che la Principessa concesse alla BBC…

Ancora una volta: never complain, never explain…

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