L’ombra del cigno… nero
Era il mio ultimo anno di liceo. Le vacanze di Natale erano appena terminate. A scuola ci aspettavano le ultime verifiche del primo quadrimestre. Ricordo che in quell’ultimo anno, il mio metodo di studio non era affatto efficiente: passavo interi pomeriggi a non far nulla, ma, circa due giorni prima delle interrogazioni, mi assentavo dalle lezioni per studiare ininterrottamente a casa, recuperando gli argomenti assegnati dai prof nelle settimane precedenti. Tazze colme di Nescafè mi facevano continuamente compagnia, tenendomi sveglia anche in piena notte. Fu in uno di quei giorni di studio ininterrotto che, arrivata all’ora di cena sfinita dalla stanchezza mentale, decisi di attardarmi un po’ a guardare la tele.
All’epoca, Canale Cinque era uno dei miei canali preferiti, perché le novità per gli adolescenti provenivano soprattutto da lì. Quella sera di gennaio, infatti, Mike Bongiorno, prima di passare la linea al TG5, avvisò il pubblico che il nuovo telefilm (una volta li chiamavamo così) che sarebbe andato in onda dopo le notizie del telegiornale, sarebbe stato strano e scioccante, ma che, nel genere, rappresentava una novità assoluta. Decisi che avrei abbandonato l’idealismo trascendentale kantiano per le successive 3 ore… Da quella sera “I segreti di Twin Peaks” (come la serie fu ribattezzata in Italia) divenne la mia ossessione e la domanda: «Chi ha ucciso Laura Palmer?» occupò gran parte dei miei pensieri da liceale.
A distanza di più di 30 anni da questi fatti, un libro, che richiama i capolavori di David Lynch, fra cui “Twin Peaks”, mi ha sbloccato tali ricordi.
Marzia, l’autrice del libro, mi ha contattata su Instagram, chiedendomi se avevo piacere di leggere ciò che aveva scritto. Io ho sempre piacere di leggere e quindi ho detto di sì.
Il romanzo ha una trama piuttosto singolare: una giovane giornalista di cronaca nera che vive a New York è convinta che sua sorella, morta cinque anni prima a Seneca Lake, sia la prima vittima del serial killer ribattezzato dalla stampa il “Lynchiano”, poiché, nei suoi efferati delitti, segue le trame dei film di David Lynch. Dakota (questo è il nome della giornalista) continua a tormentarsi da anni, chiedendosi cosa ci sia di così significativo nelle pellicole di Lynch da spingere l’assassino a emularle nei suoi crimini. Certo, è noto a tutti che i film di Lynch sono caratterizzati da trame complesse e surreali, spesso focalizzate su temi oscuri e disturbanti. Forse, si chiede la giornalista, il killer si identifica con il caos e l’oscurità e cerca di emularli per esprimere il suo stesso senso di disperazione e alienazione?
La lettura del libro risulta molto scorrevole, la narrazione fluida, talmente fluida da sembrare un film. Non mi sorprenderebbe se un giorno il volumetto si trasformasse in una sceneggiatura…
Ma c’è un altro elemento del libro che mi incuriosisce. Un elemento abbastanza visibile poiché è dichiarato nel titolo stesso: il cigno. Nel titolo è però solo un’ombra. Alla fine del libro, in un’enigmatica poesia, il cigno diventa nero.
Non sembra esserci una correlazione fra Lynch e l’elegante uccello acquatico e se c’è, l’autrice non la tratteggia chiaramente. Allora ho dovuto ingegnarmi io, tirando fuori il mio vecchio mestiere di sociologa.
Il cigno nero è molto raro e proprio questa sua caratteristica lo ha reso il protagonista ideale di una metafora che si è diffusa recentemente, grazie alla pubblicazione di un libro del 2007, scritto dal filosofo e matematico libanese Nassim Nicholas Taleb. Il titolo di questo saggio è emblematico: Il cigno nero – Come l’improbabile governa la nostra vita. Nel libroTaleb spiega, infatti, che la Storia e la nostra vita quotidiana sono segnate da eventi sorprendenti, imprevedibili e inaspettati, che possono essere sia molto lieti sia molto tragici, e a cui spesso si danno spiegazioni poco efficaci. Tali eventi, per la rarità con cui si manifestano, sono paragonabili ai cigni neri. Secondo Taleb, un cigno nero non può essere mai previsto, immaginato o classificato e, quando arriva, spesso non viene neppure riconosciuto per quello che è: “In primo luogo, è un evento isolato, che non rientra nel campo delle normali aspettative, poiché niente nel passato può indicare in modo plausibile la sua possibilità. “In secondo luogo, ha un impatto enorme. In terzo luogo, nonostante il suo carattere di evento isolato, la natura umana ci spinge a elaborare a posteriori giustificazioni della sua comparsa, per renderlo spiegabile e prevedibile”. La Storia, secondo Taleb, sarebbe piena di cigni neri: da Hitler alla fine del blocco sovietico; dalla diffusione di Internet all’attacco alle Twin Towers. E anche le nostre storie personali sarebbero costellate dalla comparsa inaspettata di cigni neri, cioè da eventi che sconvolgono i nostri piani prefissati: la morte di un familiare, la scoperta di un tradimento, il fallimento della proprio attività economica. Secondo Taleb, quasi tutto nella vita sociale è prodotto da shock o eventi non previsti. Eppure quasi tutti gli studi di Sociologia si concentrano su ciò che è “normale” e ricorrente… Eppure, i “cigni neri”, così divergenti rispetto alla norma, giocano collettivamente un ruolo molto più importante della massa degli eventi ordinari.
“Il cigno nero” comparso nella vita di Dakota è sicuramente rappresentato dallo sfortunato incontro tra sua sorella Skyler e il “Lynchiano”… oppure no? Se ci fosse invece un’altra spiegazione? Un altro finale?
Nota personale dell’autrice del blog
Il corriere Amazon mi ha consegnato il volume giovedì 11 luglio. Il giorno successivo sarebbe stato il 17esimo anniversario dell’incidente in cui perse la vita Elisa, mia sorella. Il mio primo cigno nero. Ho rimandato la lettura del libro di qualche giorno.
Domenica 14 luglio, mentre sorseggiavo la mia tazza di caffè mattutino, ho cominciato a leggere il primo capitolo che inizia con una pagina del diario di Dakota scritta nel giorno del funerale della sorella in cui lei descrive l’immane dolore che provava. Mentre leggevo, riconoscevo e sentivo profondamente quelle parole, perché erano esattamente quelle che avrei usato io (se solo avessi avuto la forza necessaria per scrivere) in quel lontano 14 luglio di 17 anni prima, il giorno del funerale di mia sorella. Come per Dakota, anche per me ogni respiro era un peso. E anch’io sentivo Elisa intorno a me, ma irraggiungibile.
Lo so, è stata solo una coincidenza leggere, proprio quel giorno, quelle parole. Ma non è stata l’unica. Altre “stranezze” si erano già verificate prima. Ma questa è un’altra storia che, forse, un giorno vi racconterò.
A presto, mie care lettrici e miei cari lettori
Angela
One thought on “L’ombra del cigno… nero”
Articolo davvero bello scorrevole e originale!