Quanti indizi per una prova?
PARTE IV
Gli 007 e quella suite al Ritz
Si avvisano i lettori che in questo articolo continua la conversazione con Agatha Christie. Come di consueto, ricordo a chi legge che le informazioni contenute nei dialoghi sono il risultato delle mie ricerche su una selezione di libri, inchieste giornalistiche, podcast e documentari tv che, negli anni, si sono occupati dell’incidente della Principessa.
Mi scusi, Agatha. Pensavo avesse già finito di fare colazione: non l’avrei disturbata altrimenti.
Non preoccuparti, cara. Anzi, unisciti a me: hai mai mangiato il kedgeree?
Sì. Ma non proprio alle nove del mattino… L’ho preparato per un brunch. E non ho usato l’eglefino affumicato: in Italia non è semplice trovarlo. Però il salmone può essere un ottimo sostituto. Ho anche postato una versione un po’ moderna della ricetta sul blog… Comunque, le faccio compagnia molto volentieri.
Bene. Ecco il tuo tè: è una miscela di Assam dell’India e Ceylon dello Sri Lanka. Senza zucchero, giusto?
Sì, grazie.
Sul ripiano della credenza ci sono le pietanze calde. Il kedgeree è nel vassoio centrale. Serviti pure, mentre mi racconti delle altre “coincidenze” che si sono verificate prima e dopo l’incidente in cui morì la sfortunata Principessa…
Quello che sto per raccontarle non si può definire proprio una coincidenza. Però è una vicenda singolare che riguarda un ex agente segreto inglese, Richard Tomlinson. Deve sapere Agatha, che mesi dopo il sinistro mortale, Tomlinson sentì in tv l’intervista a uno dei testimoni di quella fatidica notte di agosto. L’uomo stava raccontando che prima dell’impatto della Mercedes aveva visto un fascio di luce bianca e abbagliante proveniente dal tunnel: un bagliore simile a un forte flash. Subito dopo lo schianto, poi, aveva notato una moto che si allontanava dalla scena dell’incidente. Non mi chieda in quale punto preciso si trovasse questo testimone perché non lo so. Probabilmente stava appena entrando quando la berlina si schiantava. .. Quello che qui importa, però, è che sentendo la ricostruzione di questo testimone, l’ex agente Tomlinson si ricordò che, quando ancora lavorava per l’MI6, era venuto a conoscenza di un piano per uccidere il leader serbo Milosevic. Il piano consisteva proprio nel causare un incidente d’auto abbagliando l’autista in un tunnel. Tomlinson si affrettò a contattare Al-Fayed, ma senza successo: solo due anni dopo la sua testimonianza entrò nell’inchiesta francese. L’ex-agente dell’MI6 fece anche un’altra rivelazione (e questa sì che può essere considerata una “coincidenza”): al momento dell’incidente due agenti dei servizi segreti inglesi erano a Parigi… probabilmente per dirigere l’operazione.
Immagino che Lord Stevens sia riuscito a chiarire anche queste singolarità e “coincidenze”…
Certamente, Agatha. Nell’inchiesta inglese, Lord Stevens rintracciò l’agente dei servizi segreti che avrebbe parlato con Tomlinson del un piano per uccidere Milosevic. Stevens scoprì che questo agente non si riferiva all’uccisione del leader serbo, ma parlava di un altro serbo sospettato di genocidio. Inoltre, l’organizzazione dell’incidente era molto diversa da quella raccontata da Tomlinson perchè non prevedeva il fascio di luce e neppure il tunnel. Però, due agenti dell’Intelligence britannica erano effettivamente a Parigi nel periodo dell’incidente della Principessa. Ma l’encomiabile Stevens riuscì a dimostrare che il loro trasferimento nella capitale francese era stato approvato prima del mese di luglio del 1997. Inoltre, verificò anche gli alibi di entrambi gli agenti in trasferta: al momento dell’incidente, uno era in vacanza e l’altro al ristorante con la moglie… A Richard Tomlinson non rimase che ammettere che forse si era confuso. Ho visto in tv un documentario girato di recente in cui Lord Stevens ribadisce ancora oggi che Richard Tomlinson era solo un uomo arrabbiato con l’Organizzazione (MI6) perché era stato licenziato.
Fermiamoci un attimo a fare il punto della situazione.
Vuoi dell’altro tè?
No, grazie.
Dunque, noi stiamo ragionando sull’ipotesi che i servizi segreti inglesi abbiano materialmente organizzato e causato l’incidente e che quelli francesi abbiano coperto subito le prove più evidenti.
Sì, Agatha. Del resto, se prendiamo per vero ciò che scrisse Paul Burrel in A Royal Duty (si ricorda? Il maggiordomo della Principessa che fu anche valletto personale della Regina?), la Regina in persona, alcuni mesi dopo l’incidente (precisamente nel novembre del 1997) indicò questa pista. Lo fece quando avvertì Burrel di “essere prudente”. Gli disse: “Stia attento Paul. Ci sono forze all’opera nel mio Paese di cui anch’io ignoro l’esistenza” .
“Forze all’opera di cui anch’io ignoro l’esistenza”… interessante! Ma concentriamoci sulle dichiarazioni di Tomlinson: a prescindere che siano vere o meno, ci illuminano sul possibile modo in cui queste “forze all’opera” avrebbero potuto agire all’interno del tunnel: moto di grossa cilindrata e strumenti capaci di produrre luce abbagliante per spiazzare l’autista… Ma prima?
Esatto, Agatha: cosa accadde prima?
Sul “prima” c’è un interrogativo che mi tormenta da sempre: come avrebbero potuto i servizi segreti inglesi ordire un delitto così perfetto se gli ultimi movimenti della coppia furono decisi solo da Dodi? Ho letto su molti giornali e visto in vari documentari che in quell’ultima sera della loro vita, Dodi e la Principessa si erano ritirati nella suite all’ultimo piano del Ritz e nessuno avrebbe immaginato che ne sarebbero usciti prima del mattino successivo. Ma poco prima di mezzanotte, fu Dodi a stravolgere i piani: decise di andare al suo appartamento in rue Arséne Houssaye, sugli Champs Elysees. E sempre Dodi decise di cambiare macchina, per cercare di seminare i paparazzi che bivaccavano fuori dall’hotel. Ordinò a una sua guardia del corpo, Kes Wingfield, di mettersi alla guida della sua Range Rover, da solo, per attirare i fotografi. La famigerata Mercedes arrivò da lì a poco da una vicina agenzia di noleggio, che però non aveva alcun autista disponibile a quell’ora. Fu per questo che il vice-capo della sicurezza del Ritz, Henri Paul, fece da autista, anche se, come dissero dopo, era visibilmente ubriaco. Pare che pure il percorso da fare venne stravolto per precauzione da Dodi: per evitare che qualche paparazzo che non fosse caduto nel tranello della Range Rover, li seguisse. Avrebbero dovuto passare per il Bois de Boulogne e la vecchia villa del Duca di Windsor. Al contrario, si diressero nel sottopassaggio dell’Alma. Ma fu sempre Dodi a decidere e a impartire gli ordini… Come avrebbero potuto gli uomini dei servizi segreti prevedere tutti i cambiamenti e innescare nel tunnel quella serie di eventi che avrebbe portato allo schianto della Mercedes?